lunedì 9 dicembre 2019

“L’IMPRESA MAFIOSA”, EVENTO IL 13 DICEMBRE A ROMA

Il 13 dicembre a Roma, nella sala “Radici del Presente” messa a disposizione dalla Fondazione della Generali Assicurazioni, si terrà l’evento dal titolo “L’impresa Mafiosa”.
La giornata di studi affronterà diversi aspetti riguardanti le attività mafiose, così come gli strumenti messi a punto dal sistema di giustizia del nostro Paese con l’intento di sradicarla.
Relatore d’eccezione il Magistrato Alfonso Sabella, che è stato Sostituto Procuratore del pool antimafia di Palermo e Assessore alla legalità del Comune di Roma con delega sul litorale di Ostia.

L’avvocata e criminologa Silvia Mesturini parlerà del carcere duro, il cosiddetto regime del 41 bis, messo a punto all’indomani delle stragi di Capaci e di via D’Amelio in cui persero la vita Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

La dott.ssa Giada Vastano introdurrà il tema del pentitismo e la creazione della figura del collaboratore di giustizia come strumento per combattere e tentare di smembrare un sistema chiuso e omertoso, come quello dell’organizzazione mafiosa. Il fenomeno del pentitismo, valutato spesso in modo troppo emozionale fin quasi a demonizzarlo, costituisce in realtà uno dei temi fondamentali su cui si gioca il buon esito della riforma del processo penale. Ciò non toglie che le dichiarazioni rese dai pentiti vadano valutate con grande prudenza.

La Prof.ssa Maria Gaia Pensieri sociologa e criminologa, docente presso l’Università Po-polare degli Studi di Milano, tratteggerà la trasformazione del ruolo della donna all’interno di queste organizzazioni criminali, che nel corso del tempo sono passate dall’essere custodi silenziose del malaffare degli uomini della famiglia a protagoniste nella conduzione delle attività della cosca o a rappresentare gli elementi di rottura. Donne coraggiose che hanno fatto la differenza, denunciando i loro congiunti e rompendo quel consenso necessario alla tenuta dell’organizzazione mafiosa. 

Università Popolare degli Studi di Milano, Università di diritto Internazionale, patrocina l’evento.

Piuttosto originale l’apporto della grafologia all’interno della giornata di studi. La dott.ssa Giovanna Sciabbarrasi, grafologa e perito grafico giudiziario, analizzerà i tratti di personalità emergenti dalle scritture degli uomini di mafia messe a confronto con quelle degli uomini di legge.
Tra le attività in cui la piovra ha allungato i suoi tentacoli certamente una è l’archeologia: scavi clandestini, furto, traffico illecito di opere d’arte e reperti archeologici saranno i temi di cui parlerà il Prof. Pier Matteo Barone, che affronterà anche gli aspetti lesivi per le persone e per l’ambiente oltre che per l’economia, derivanti dallo smaltimento di rifiuti, un’altra attività redditizia portata avanti dall’economia parallela mafiosa.
A concludere gli interventi della giornata, un’introduzione agli aspetti operativi delle investigazioni; in particolar modo quelle riguardanti l’informatica forense e la telefonia forense utili supporti per le indagini. A far luce su queste tecniche il dott. Ignazio Tulumello, della Digital Italia Forensic che da molti anni collabora con le Procure nazionali.
Per informazioni tel: 06 56548508 
Per l'iscrizione seguire il link: https://form.jotformeu.com/93047749145363

mercoledì 13 novembre 2019

UNIVERSITÀ POPOLARE DEGLI STUDI DI MILANO: LA CULTURA COME ELEMENTO DI SVILUPPO

Sabato 26 ottobre si è svolto l’evento culturale annuale universitario dell'Università Popolare degli Studi di Milano, Università di Diritto Internazionale.




La Cultura universitaria come elemento propulsivo di opportunità  e, nello specifico, della coesione tra i popolo: questo è il messaggio che ha voluto dare l'Università Popolare di Milano accogliendo l’elemento cardine su cui ha ruotato un ricco programma di interventi.

martedì 17 settembre 2019

LAUREARSI DA ADULTI: GLI SBOCCHI DELLA LAUREA IN SOCIOLOGIA A INDIRIZZO PSICOLOGICO

L’Università Popolare degli Studi di Milano (Università di Diritto Internazionale)  offre la possibilità ad adulti con impegni di lavoro (professionisti, manager, dirigenti, ecc.) di riprendere gli studi e raggiungere l’obiettivo di un titolo di studio, di laurea, come quello in Sociologia.
Con le università telematiche oggi il percorso universitario diventa più comodo da frequentare grazie anche al supporto dei tutor e dei docenti in teledidattica. Chiedete senza impegno informazioni dettagliate per laurearsi da adulti a 30 anni o più anche con impegni professionali o familiari. Grazie ai corsi delle Università Telematiche studiare e superare gli esami è molto più facile, essendo supportati da uno staff professionale.
Il corso di laurea in Sociologia, come intuibile già dal nome, consente alle persone che lo frequentano di acquisire gli strumenti utili a valutare e studiare la società nel suo complesso, riconoscere i soggetti che la compongono, analizzare le relazioni che si sviluppano al suo interno oltre che i meccanismi alla base dell’organizzazione e della trasformazione sociale. Per ottenere questo risultato, gli studenti di sociologia ricevono una formazione multidisciplinare, che spazia dalla stessa sociologia fino alle scienze politiche, passando per il diritto, la storia, l’economia, l’antropologia e la psicologia.
Il corso di laurea in Sociologia consente a coloro che lo completano di poter comprendere, analizzare e interpretare le trasformazioni sociali che avvengono nelle società contemporanee, nelle istituzioni che le governano e nei modelli di relazione all’interno delle società stesse e fra le persone e i sistemi di governo. Ciò è possibile anche grazie al contributo di discipline come antropologia, scienza politica, storia, diritto, economia, psicologia.
Fra gli sbocchi professionali disponibili per chi completa il corso di laurea in Sociologia troviamo:
  • istituti di ricerca sociale e di mercato;
  • programmazione e organizzazione dei servizi, delle relazioni pubbliche e della comunicazione, della selezione e gestione delle risorse umane;
  • pianificazione territoriale e nel turismo;
  • valutazione delle politiche sociali.
Un corso di laurea in Sociologia ha durata triennale, e fornisce la preparazione base per la specializzazione che verrà presa nel biennio successivo, con la laurea magistrale. Uno degli ambiti di utilizzo più diffusi della sociologia è quello della mediazione culturale, che non può fare a meno dello studio e dall’analisi dei dati di riferimento dei flussi migratori, ma anche guardare al singolo individuo, mettendo in gioco le proprie capacità. Una volta completato il proprio percorso di studi, per il consiglio principale è quello di cercare di unire le competenze apprese a quelle che sono le passioni personali, in modo da cercare di entrare in nicchie professionali specifiche. È infatti necessario trovare un proprio ambito di studio, in grado di fornire collaborazioni sia con i privati, sia con le strutture pubbliche.
L’Università Popolare degli Studi di Milano – Università di Diritto Internazionale – è a completa disposizione per fornire informazioni sui corsi di laurea universitari e master per adulti con impegni di lavoro.

sabato 31 agosto 2019

FALSA GIUSTIZIA: IL LIBRO DI MARIA GAIA PENSIERI

Abbiamo intervistato la Professoressa Maria Gaia Pensieri, docente di sociologia presso l'Università Popolare degli Studi di Milano -  Università di Diritto Internazionale - e autrice del libro “La falsa giustizia” scritto a quattro mani con il Generale Luciano Garofano che tratta il tema dell’errore giudiziario.




Maria Gaia Pensieri è docente presso l'Università Popolare degli Studi di Milano, Università di Diritto Internazionale, ed è direttrice responsabile dell'area formazione e ricerca dell'Accademia italiana delle Scienze Criminologiche e Investigative (AISCI). Laureata in Scienze per l'investigazione e la sicurezza e in Ricerca sociale per la sicurezza interna ed esterna, ha conseguito i master in Antropologia filosofica e forense, criminologia e tecniche investigative avanzate e in Scienze Criminologiche-forensi. È dottore di Ricerca in scienze umane e sociali a indirizzo criminologo. Attiva sui temi della violenza di genere, del bullismo e del cyberbullismo, ha firmato diverse pubblicazioni ed è socia della Società italiana di criminologia (sic) e dell'Accademia italiana di Scienze Forensi (Acisf). È colorata in Penelope (S)comparsi Uniti. 

Perché la scelta di questo titolo La falsa giustizia?


Parafrasando Platone la giustizia è un principio immanente che armonizza le varie classi dello Stato nell’attività e funzionamento del tutto, realizzando ordine, armonia e unità.

Quando non c’è reale giustizia allora possiamo parlare di parvenza di giustizia ossia di quella che vuole apparire come tale per ridonare la pace sociale, ma non vi riesce, perché pur servendosi degli strumenti realizzati dall’uomo per aspirare al suo raggiungimento, lo stesso uomo commette degli errori che portano a delle gravi conseguenze, ossia la condanna di innocenti, la liberazione dei colpevoli di un crimine o la mancata individuazione dei suoi autori.

Nel libro abbiamo affrontato specificamente il tema dell’errore giudiziario, dal punto di vista delle ingiuste condanne, prendendo come modello l’esperienza statunitense.



Perché l’esperienza nordamericana, che peraltro ha un sistema giudiziario differente dal nostro?


Perché loro per primi hanno studiato in maniera sistematica le diverse cause o concause responsabili della realizzazione di errori giudiziari. L’associazione statunitense Innocence Project fondata nel 1992 ha dedicato la sua attività a casi giudiziari di persone condannate in via definitiva, ma che si professavano innocenti con argomentazioni plausibili, e ha compiuto ricerche e azioni sul campo sia per individuare gli errori che erano stati commessi nei procedimenti sia per reperire nuove prove per arrivare alla riapertura dei casi stessi.

Avere una casistica tanto ampia (dal ‘92 a oggi) ci ha permesso di capire in quali ambiti del procedimento giudiziario si verificano maggiormente gli errori e quali potrebbero essere le possibili soluzioni.

La Prof.ssa Maria Gaia Pensieri 
Benché il nostro sistema processuale di Civil Law, sia differente da quello di Common Law anglosassone, resta il fatto che entrambi si avvalgono di prove tipiche e atipiche, di prove scientifiche, di tecnologie, di testimonianze, di periti e consulenti; e nel dibattimento come da noi, del contraddittorio tra le parti per arrivare a un verdetto di colpevolezza o innocenza.

Con le dovute differenziazioni che evidenziamo anche nel libro, resta invariato il nostro interesse per il lavoro di individuazione delle falle svolto da Innocence Project, durante le fasi iniziali delle indagini, gli interrogatori, le testimonianze o dovute all’apporto di pseudo scienze all’interno del processo. 


In Italia abbiamo lavori simili?


Direi di no. In Italia abbiamo iniziato solo da qualche anno a studiare le cause di errore giudiziario, per cui non possiamo avvalerci di una casistica ampia come la loro.

Quando è partito questo lavoro negli USA, l’opinione pubblica era scettica, perché riponeva una fiducia incondizionata nel sistema giudiziario americano, ritenuto infallibile e tra i più democratici al mondo.

Ma quando l’attività svolta da questa associazione ha iniziato a portare alla luce gli errori commessi, la loro attività ha ricevuto un impulso, sono state aperte altre sedi in diversi Stati degli USA e il numero di casi dubbi segnalati sono cresciuti vertiginosamente. È come se fosse stato scoperchiato un vaso di Pandora, una nuova consapevolezza si è andata via via formando nelle persone, tanto da spingere diversi Stati dove vigeva la pena di morte a sospendere le esecuzioni in attesa di nuovi sviluppi. Sono state istituite delle commissioni d’inchiesta e sono state svolte delle verifiche sulle attività di alcuni consulenti delle Procure, insomma tutta una serie di interventi per correggere tutto ciò che risultava necessario per un adeguato svolgimento dei processi e per fornire maggiori garanzie agli imputati.



Quindi secondo lei  qual è la situazione degli errori giudiziari nel nostro Paese?


Questo non lo sappiamo, ma possiamo partire dal lavoro svolto negli Stati Uniti e da quello che abbiamo descritto nel nostro libro per iniziare a ragionare sui nostri possibili errori.

Sicuramente, e lo posso affermare senza correre il rischio di smentite, la lentezza del nostro sistema giudiziario contribuisce in modo concreto al verificarsi di errori giudiziari. Pensi al largo ricorso che facciamo della carcerazione preventiva: un imputato attende molti anni la conclusione dei processi che lo riguardano per poi uscirne magari scagionato con formula piena, e questo già ci dovrebbe far comprendere che qualcosa nel nostro sistema non funziona. Non possiamo parlare di errore giudiziario nella vera accezione del termine, perché canonicamente l’errore si compie quando c’è una sentenza definitiva e poi a seguito di una revisione processuale il condannato viene riconosciuto innocente, ma chiamiamo pure questo errato coinvolgimento come vogliamo, resta comunque il fatto che delle persone vengono invischiate in procedimenti giudiziari per uscirne pulite dopo molti anni; è facile comprendere che la loro vita non sarà più la stessa e, mi creda tutto ciò purtroppo, potrebbe accadere a ognuno di noi. 

L’acquisizione tardiva di testimonianze, l’escussione di testi ad anni di distanza dai fatti, la durata eccessiva dei diversi gradi processuali: se da una parte sembrano garantire proprio la correttezza del giudizio, dall’altra risentono di tutta una serie di interferenze dovute proprio al tempo trascorso.




Può spiegarci meglio cosa intende?


Per esempio ascoltare il possibile testimone di un reato molto tempo dopo i fatti può aumentare il rischio che il ricordo non sia più nitido o puro, risentendo dell’influenza mediatica sul caso o dell’interferenza del racconto di altri.

Dando per assunto che il testimone sia in buona fede, sull’attendibilità della testimonianza influiscono diverse variabili. Se consideriamo che nel nostro sistema alla testimonianza è riservato un notevole peso processuale, e mentre parliamo mi vengono in mente alcuni di casi recenti, possiamo inferire che se non ci si avvale di studi psicologici sul tema, se non si ricorre a tecniche di interrogatorio adeguate, se non si riducono i tempi processuali come richiesto anche dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) che ci ha più volte condannato per le lungaggini, aumenta sicuramente la possibilità di commettere degli errori, con conseguenze devastanti per chi viene ingiustamente condannato.

Ritornando al titolo, abbiamo utilizzato il termine “falsa” perché anche le vittime di un reato e le loro famiglie sicuramente non possono trarre conforto dalla condanna di un colpevole qualsiasi; loro e la società tutta hanno bisogno di una vera giustizia. 



Avete portato esempi concreti nel vostro libro?


Abbiamo parlato di casi americani e italiani risolti dopo la revisione. Come dicevo, in Italia non abbiamo una statistica relativa alle categorie di errori commessi, ma partire dai casi nazionali risolti permetterebbe anche al nostro Paese di iniziare un lavoro di questo tipo. Questo è stato fatto da Innocence Project e i dati ci dicono che l’errata testimonianza, ma anche l’erroneo riconoscimento di un reo, sono ai primi posti nella classifica degli errori. 

Va detto che in genere a un verdetto sbagliato si arriva per una serie di concause, e aggiungerei anche che la fase iniziale investigativa si rivela determinante per poter arrivare a un giudizio che porti alla condanna dei veri responsabili di un crimine.




Le indagini in effetti sono una parte importante, ma se vi si commettessero degli errori ciò emergerebbe nel processo, giusto?


Nel dibattimento dovrebbero emergere gli eventuali errori, il contraddittorio dovrebbe proprio avere questo ruolo. Le operazioni probatorie nei momenti dell’ammissione, dell’assunzione e della valutazione, dovrebbero utilizzare gli strumenti di conoscenza attinti dalla scienza e dalla tecnica e a principi e metodologie scientifiche che resistono al criterio di falsificazione, oltre che avvalersi delle comprovate competenze degli esperti che le impiegano. Però anche la fase investigativa, peraltro inizialmente operata esclusivamente dalla polizia giudiziaria su incarico del magistrato che conduce le indagini, può nascondere delle insidie che possono rimanere celate anche in sede processuale. Per esempio mi vengono in mente errori durante le fasi di repertamento dove possono avvenire delle contaminazioni, oppure una cattiva conservazione delle fonti di prova che può portare a un loro decadimento informativo. Questo parlando degli accertamenti tecnici, mentre per quanto riguarda le indagini cosiddette tradizionali un errore potrebbe essere quello dell’innamoramento per una tesi e una visione a tunnel che portano ad escludere altre piste possibili, perdendo nelle fasi iniziali alcuni elementi utili che non saranno più recuperabili in quelle successive inficiando per sempre la buona riuscita di un caso.


Oggi si parla sempre di più della prova del Dna nei processi, ma possono essere realmente attendibili per la soluzione dei casi?


Il Dna può essere decisamente attendibile perché la percentuale di errore, cioè la possibilità che quel DNA coincida con quello di più persone, oltretutto tutte presenti sul locus commissi delicti, è veramente prossima allo zero.

Su tutte le prove tecnico-scientifiche grava sempre una percentuale variabile di rischio, perché c’è sempre la mano dell’uomo a operare; quello che oggi è veramente importante comprendere è che per abbattere la percentuale di errore è necessario operare seguendo standard certificati, protocolli operativi, procedure codificate, linee guida pubblicate da scienziati di una determinata disciplina forense e che devono essere applicate da tutti coloro che entrano a vario titolo come esperti forensi nel procedimento giudiziario; solo così possiamo sperare di abbattere il rischio di commettere errori.



Ci può fare un esempio di un caso trattato nel libro?


Abbiamo riportato diversi casi di processi di revisione instaurati negli USA che alla loro conclusione hanno portato a scagionare i condannati a pene molto gravose, al carcere a vita o addirittura alla pena capitale.

I casi citati erano tutti accomunati da due elementi: proponevano l’analisi dei bitemark - segni di morso - presenti sulle vittime, e l’altro elemento in comune era sempre lo stesso consulente della Procura.

Ebbene durante i differenti processi di revisione emerse che il consulente non aveva nessuna specializzazione per dichiararsi esperto in questo campo specifico, e che la Procura si era affidata a lui giudicandolo esperto sulla base dei precedenti incarichi. 

Ma, mentre il DNA lasciato su una vittima dall’autore del morso è una scienza esatta, così non è per i segni di morso i quali non possono essere utilizzati per indentificare in modo univoco l’autore; questo perché i segni impressi sui tessuti subiscono delle modificazioni dovuti al trascorrere del tempo, la stessa dentatura dell’autore col tempo subisce delle trasformazioni variando il suo aspetto; pertanto da queste brevi considerazioni si comprende come l’analisi dei segni di morso da sola non sia attendibile per l’identificazione di un reo.

Nel libro abbiamo riportato diversi casi reali dove si evidenziano le differenti tipologie di errori commessi che hanno portato a delle erronee condanne, sperando così di rendere più scorrevole e interessante la lettura.



Il libro
La falsa giustizia La genesi degli errori giudiziari e come prevenirli
di: Garofano Luciano Pensieri Maria Gaia
Prefazione di Manfredi Mattei Filo della Torre
Introduzione di Baldassare Lauria
Autori: Luciano Garofano, Maria Gaia Pensieri