martedì 2 aprile 2013

ITALIA ULTIMA IN EUROPA PER INVESTIMENTI IN ISTRUZIONE-CULTURA

Soltanto la Grecia spende meno di noi nell'istruzione dei giovani. I dati arrivano da Eurostat, l'istituto di statistica europeo che ha fatto i conti in tasca ai 27 paesi dell'Unione comparando i dati della spesa pubblica del 2011.
L'Italia è all'ultimo posto in Europa per percentuale di spesa pubblica destinata alla cultura (1,1% a fronte del 2,2% dell'Ue a 27) e al penultimo posto, seguita solo dalla Grecia, per percentuale di spesa in istruzione (l'8,5% a fronte del 10,9% dell'Ue a 27).
Secondo l’Istituto europeo per protezione sociale e sanità nella maggioranza dei Paesi si concentra il 55% del totale della spesa pubblica. Dai il 41% alla protezione sociale e il 14,7% alla sanità.
Non solo spendiamo poco, ma spediamo anche male. Proprio in questi giorni un’altra bocciatura dal Censis, che rivela i ritardi della scuola nel meridione nonostante le maggiori risorse spese.

Secondo la ricerca, il meridione investe il 6,7% del Pil contro il 3,1% investito da Roma in su. 

L’ABBANDONO SCOLASTICO
In euro, la spesa per un ragazzo che studia nel sud è di 1.170 pro capite; il 24,9% in più di chi studia nel resto d’Italia, che costa 937 euro. Eppure il tasso di abbandono scolastico nel sud è il 21,2%, nel Nord scende al 16%. 1.170 Sono gli euro spesi ogni anno per uno studente del Sud E poi c’è quello che i sociologi chiamano fenomeno Neet, acronimo inglese che significa: ragazzi che non studiano e non lavorano. Che è poi una drammatica emergenza sociale. Sono quasi il 31,9% (circa uno su tre) dei giovani meridionali tra i 15 e i 29 anni. In Campania questa media sale al 35,2%, in Sicilia addirittura al 35,7%. Il rapporto Censis “La crisi sociale del Mezzogiorno”, elaborazione su dati Istat, non si ferma alla scuola.

Ma è nella scuola che è più visibile il fallimento di una programmazione. «Al sud – scrive il Censis – non si riescono a mettere a frutto i fondi europei, si spende di più per la scuola ma con risultati peggiori». Un malessere che è percepito anche all’università: dagli atenei meridionali c’è una fuga verso il nord del 23,7% degli iscritti. Il flusso contrario, nord verso sud, è appena del 2%.