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"Canonization 2014- The Canonization of Saint John XXIII
and Saint John Paul II (14036966125)" di Jeffrey Bruno
from New York City, United States |
Da Santa Cruz in
Bolivia, durante il suo recente viaggio in alcuni paesi dell’America
Latina, partecipando al secondo incontro mondiale dei movimenti
popolari, papa Francesco ancora una volta ha fatto sentire la sua
voce per proclamare i diritti sacri, così li ha definiti il pontefice,
dell’uomo, evidenziando in particolare il diritto alla terra, alla casa e
al lavoro. Per inciso va sottolineato che, parlando in spagnolo, ha
usato “tierra”, “techo” e “trabajo” e quindi è stata coniata da
Francesco l’espressione “i diritti delle tre T”. Già queste
poche parole sarebbero sufficienti per dare spazio ad interessanti e
significative considerazioni filosofiche e giuridiche, perché Francesco
ha contribuito per alcuni aspetti ad introdurre il superamento della
dottrina dei diritti naturali. L’uomo in altre parole non ha solo dei
diritti, che gli competono in quanto uomo, ma addirittura quegli stessi
diritti sono il dono della volontà del Creatore. Poiché questi tre
diritti non sono ancora riconosciuti non solo in America Latina, ma in
molte parti del mondo, per Francesco è necessario un cambiamento.
Il processo del cambiamento
Anche
nel richiamo al cambiamento emerge la novità del pensiero del Vescovo
di Roma. Dice infatti il papa che c’è necessità di cambiamento in tutta
l’ America latina, c’è necessità di cambiamento in tutto il mondo perché
“ ci sono contadini senza terra, molte famiglie senza casa, molti
lavoratori senza diritti” e questa è situazione non più tollerabile,
che richiede una radicale azione, Se vogliamo possiamo dire che in
questa presa di coscienza sta la novità di Francesco_ alle condanne di
San Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI aggiunge lo spirito francescano
della necessità dell’azione, di un azione di rinnovamento, che deve
coinvolgere tutti, in particolare i poveri, perché a loro spetta il
compito fondamentale in questo processo di cambiamento. E anche su
quest’ultimo modo di dire, processo di cambiamento, c’è una
sottolineatura del Pontefice. Dice infatti di apprezzare queste parole,
che ha trovato in diversi documenti dei movimenti popolari, perché
ritiene che parlare solo di cambiamento significa avere una visione
statica e soprattutto significa fare riferimento ad un evento, che cade
sull’umanità, che è chiamata a sopportarne le conseguenze, in una
situazione, che la vede totalmente passiva. Parlare invece di “ processo
di cambiamento” significa invece fare riferimento all’azione di una
comunità, che agiusce e sceglie di essere protagonista degli eventi.
Nell’ uomo d’oggi c’è un’ attesa, c’è un forte desiderio di essere
protagonista del cambiamento, che diventa molto urgente. “ Non c’è più
tempo per aspettare” esclama il pontefice “il tanfo del marcio è molto
forte. L’intero sistema socioeconomico rovina la società, condanna
l’uomo e lo fa diventare schiavo”. Particolare non secondario, ma tutto
francescano: non è sufficiente denunciare e diagnosticare il malanno: “
Noi oggi soffriamo di un certo eccesso diagnostico, che a volte ci porta
ad un pessimismo parolaio o a crogiolarsi nel negativo.” Urge agire.
I Poveri protagonisti del processo di cambiamento
Il
papa dà anche una risposta alla domanda “ Chi sono i protagonisti del
cambiamento? “ I protagonisti del cambiamento sono i poveri, gli umili,
coloro, che vivono nelle periferie, sopportando ogni giorno le
difficoltà della vita, coloro che con il loro eroismo giornaliero
affrontano i problemi della sopravvivenza. Queste persone sanno creare
un rapporto con gli altri, iniziando così a realizzare concretamente
quella che papa Francesco chiama “ la cultura dell’incontro”, quella
cultura che crea rapporti umani, perché, dice il pontefice, “ non si
amano né i concetti, ne le idee, si amano le persone!” Ai seminatori del
cambiamento sono da affidare tre compiti. Il primo lavoro da fare:
operare in modo da mettere l’economia al servizio dei popoli. E’ questo,
tra l’altro un principio molto sentito dalla scuola degli economisti
cattolici anche italiani. Meritano una citazione tutta particolare in
questa sede Giuseppe Toniolo, che contribuì alla stesura della “
Rerum Novarum” di Leone XIII e Francesco Vito, economista e rettore
della Università Cattolica, che nella prima metà del novecento, pubblicò
un libro dal titolo molto significativo “ L’economia al servizio
dell’uomo”. Papa Francesco riprende il termine “economia” per dargli un
significato meno tradizionale: oggi, usando la parola economia si fa
riferimento alle leggi che regolano la casa, il papa usa questo temine
per indicare la buona amministrazione della casa comune, volendo
ricomprendere nella buona amministrazione la possibilità per i suoi
abitanti di esercitare tutti i diritti , non solo terra, casa lavoro, ma
anche istruzione, salute, cultura.
In
questo contesto viene anche collocata l’equa distribuzione dei frutti
della terra, equa distribuzione che, se per tutti è un diritto, per i
cristiani è un comandamento. Il secondo compito dei seminatori è quello
di unire i popoli nel cammino della pace e della giustizia. Dopo aver
richiamato il desiderio dei popoli, che vogliono essere artefici del
proprio destino e quindi vogliono essere indipendenti e, dopo aver
ribadito che qualche risultato è stato ottenuto, citando i progressi
dell’ America latina nella costruzione della “ Patria Grande”,
evidenzia come molti fattori minano ancora lo sviluppo umano e limitano
la sovranità. In modo particolare oggi un nuovo colonialismo, quello
delle istituzioni finanziarie, finisce per bloccare questo processo di
cambiamento, aiutato dalla concentrazione monopolista dei mezzi di
comunicazione sociale. Il terzo ed ultimo compito è quello di difendere
la madre Terra. “ la casa comune è saccheggiata, devastata, umiliata.
Non solo commette peccato chi danneggia la casa comune,” ma anche chi
per codardia non la difende. Di conseguenza una serie di interessi
globali, ma non universali, devono essere bloccati.”
Considerazione finale
Il
discorso di papa Francesco a Santa Cruz rappresenta un momento molto
interessante di insegnamento pontificio e nello stesso tempo è
un’ulteriore prova della volontà di un papa che, essendo vescovo di
Roma, come primus inter pares, vuole contribuire in modo forte al
cambiamento del mondo.
Franco Peretti